Quando il giudizio è davvero assente, l’emozione può emergere libera.

Questo è un momento denso, significativo, che scardina anni di pregiudizio e di controllo. È un momento liberatorio di espansione. Spesso è davvero di grande sollievo. Il suo primo riconoscimento è nello stupore, perché il giudizio è assente.

L’emozione giunge come un Messaggero di un senso inaspettato. Nell’apertura del cuore essa appare, e mi sorprende;  subito dopo la accolgo.

A questo punto essa non potrà più essere nascosta (se non mentendo consapevolmente a sé stessi), tanto vale allora farci i conti e ascoltare cos’ha da dirmi. Ogni emozione giunge con una specifica ragion d’essere: esitazione, confusione, distacco, noia, invidia… Ognuna ha un messaggio per me, se accetto di ascoltarla. Magari non so subito darle il suo nome, però accogliendola le do dignità, le do un valore, anche se la sua presenza è contraria all’educazione che ho ricevuto. E questo passaggio che mi permette di fare pace con me stesso, senza sentirmi in colpa. Il passo successivo per farne conoscenza è darle un nome. Alle volte sono talmente confuso che fatico a darglielo, devo ascoltarla e ascoltarmi molto bene. Ci vuole del tempo per fare tutti questi passaggi, ma dare il nome alle cose mi permette di fare pace e poi di riconoscerle quando si ripresentano.

E l’animo si quieta. E lo spirito si allarga in questa consapevolezza.

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